Battaglia di Vienna 1683-1699, 1683-1699 - Fine della minaccia turca sull'Europa

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view post Posted on 5/5/2022, 16:09
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1683-1699 - Fine della minaccia turca sull'Europa


Questo periodo segnò una pietra miliare nella Storia della Civiltà Occidentale, con esso si segneranno confini che, stabiliti nel trattato di Carlowitz nel 1699 dopo la battaglia di Zenta, vinta da Eugenio di Savoia, dureranno fino al 1918.
Come sempre, per problemi di spazio cercherò di essere conciso, ma data l'importanza del periodo che tratterò, che influenzerà la Storia dei balcani e i rapporti col mondo islamico fino ai giorni d'oggi, anche abbastanza completo nel racconto dei fatti, quini dividerò il lavoro in due parti, la prima riguarderà i due assedi di Vienna e la battaglia che segnerà l'inizio della decadenza turcoislamica in Europa, la seconda, meno conosciuta nel suo insieme dal grande pubblico, e per me ed il mio impegno molto più impegnativa, l'assestamento territoriale, che porterà i confini, non solo territoriali, ma anche culturali e/o religiosi, più o meno ai giorni nostri.

Prologo.

L'assedio di Vienna del 1683 non fu il primo, Solimano il Magnifico per gli occidentali, il legislatore o il conquistatore per i turchi, nel 1529 aveva posto d'assedio la città, arrivando con l'avanguardia della cavalleria fino a Ratisbona, la massima espansione mai raggiunta dai turchi in Europa,
Vienna nell'immaginario islamico era definita “la mela d'oro” mentre Roma era “la mela Rossa”, tutte e due frutti da cogliere, Solimano, pronipote di Maometto II, che aveva preso Costantinopoli, detta originariamente “Nuova Roma” e ne aveva fatto la capitale dei turchi, voleva completare l'opera del trisnonno, se fosse stata conquistata la prima mela, la via per cogliere anche la seconda sarebbe stata aperta, in un'Europa disunita dalla riforma luterana e in preda a lotte religiose tra principi e popoli, la cosa era fattibile.
Il tentativo non ebbe successo, nonostante un esercito di 150/200.000 uomini, i 20.000 difensori riuscirono a resistere finche, con l'avvicinarsi dell'autunno e anche dell'esercito di soccorso, che era giunto sino a Linz, guidato dall'arciduca Ferdinando d'Austria, il sultano decise la ritirata strategica, i cristiani la chiamarono sconfitta turca, ma fu solo una ritirata strategica, forse anche una neanche tanto parziale vittoria turca, dato che Ferdinando accettò, in cambio di un armistizio, di versare un “amichevole tributo” annuo alla Sublime Porta, e le conquiste islamiche, Belgrado in testa, restarono tali.
L'espansione continuò nel mediterraneo, diventato un mare musulmano, fino alla battaglia di Lepanto, nel 1571.
Le minacce a Vienna continuarono nel 1532, nel 1566 e nel 1596, però non arrivarono ad assediare seriamente la città.
Dovranno passare 150 anni dal primo assedio, e il secondo sarà più terribile e pericoloso del primo.

La ricostituzione della Lega Santa.

La guerra dei trent'anni si era conclusa nel 1648, e aveva lasciato il centronord europeo formalmente unito, ma di fatto diviso, la pace di Vestfalia, con l'accordo “Cuius regio, eius religio”(Il principe decideva la religione dei suoi territori) aveva sancito la libertà di religione, ma le dispute religiose, in forma più o meno pacifica continuavano, e la collaborazione tra questi stati, sia pur contro il nemico comune, l'Islam, era problematica.
Luigi XIV, il “cattolicissimo (per bolla papale) Re Sole era alleato, pur se non formalmente col sultano, un indebolimento austriaco non poteva che tornargli utile, a Vienna si temette un suo attacco alle spalle, forse scongiurato dalle velate minacce papali di scomunica.
Imperatore era Leopoldo I, giunto al trono per la morte del fratello maggiore, da giovane voleva farsi prete, timido, religiosissimo, amante della caccia, buon padre di famiglia, ma completamente digiuno di politica ed arte militare,
L'esercito austriaco dopo la guerra dei trent'anni era stato ridimensionato e, pur affidato a Carlo di Lorena, buon comandante allievo del grande Montecuccoli, morto 3 anni prima, non poteva competere da solo con l'immensa potenza ottomana.
La Spagna non era più la potenza dei tempi di Carlo V o Filippo II, era in guerra con la Francia e aspettarsi aiuti da quella parte era inutile.
Anche con la Polonia i rapporti erano tesi, essendo il trono polacco elettivo (Lo stato polacco era una democrazia nobiliare) era stato eletto Re Jan Sobieski, contro il volere di Vienna, che aveva candidato proprio Carlo di Lorena, sconfitto alle elezioni, questo fatto aveva lasciato malumori e rivalità tra l'Impero e il Regno Polacco.
La Germania risentiva ancora delle distruzioni della guerra dei trent'anni e soprattutto della terribile pestilenza del 1679.
Insomma, politicamente e militarmente gli Asburgo erano deboli e isolati.
Venezia, l'unico alleato sicuro per sicura convenienza, tempestava tutti con i rapporti del suo servizio segreto, il migliore del mondo, che parlavano di preparativi ad Istanbul di un enorme esercito, che presto sarebbe calato sull'Europa.

Tra l'inazione di Leopoldo e la tepidezza dei regni europei, l'unico che capì subito la drammaticità della situazione fu Benedetto Odescalchi, Papa Innocenzo XI, che, volendo ricostituire la Lega Santa che più di un secolo prima aveva vinto a Lepanto, conscio dell'enorme difficoltà di una simile missione, la affidò all'uomo giusto, padre Marco d'Aviano, questi era un frate cappuccino, un friulano nato nel 1631, a 16 anni aveva abbandonato il seminario per combattere a Creta contro i turchi, tornato, era stato ordinato sacerdote, era un formidabile oratore, incantava le masse e gli venivano persino attribuite proprietà taumaturgiche, aveva guarito, da non so che malattia Carlo di Lorena, che lo aveva raccomandato all'Imperatore, questi, dopo averlo conosciuto, lo scelse come confessore ed ascoltato consigliere, a lui il Papa affidò l'apparentemente impossibile incarico di ricostituire la Lega Santa.

A Istanbul regnava Maometto IV (Mehmed), come Leopoldo gran cacciatore ma come lui scarsamente predisposto al comando e alle preoccupazioni del potere, come da tempo d'uso nella corte del Topkapi , aveva affidato la gestione pratica dell'immenso impero turco a Kara Mustafà, che succedeva al cognato, Ahmed Koprulu, come gran visir della Sublime Porta, i Koprulu detenevano il titolo da generazioni.
L'impero ottomano aveva raggiunto un'estensione paragonabile solo all'antico impero romano, ed era in quel periodo praticamente senza nemici che potessero aggredirlo, poteva contare su risorse umane e militari non paragonabili a qualsiasi stato europeo, e Mustafà pensò bene di cogliere l'occasione di prendere la “Mela d'oro”.

Il 31 Marzo 1683, gli ambasciatori turchi consegnavano la dichiarazione di guerra a Vienna, varrebbe la pena di trascriverla tutta, a me pare di una pretenziosità che rasenta la comicità involontaria, ma ve la risparmio in parte e ne faccio un riassunto.

Io Mehmed, che domino i cieli, glorioso e onnipotente Imperatore di (segue una caterva di paesi e titoli altisonanti)......diamo a te la nostra parola che stiamo portando nel tuo insignificante paese la guerra, con 13 Re, 1.3000.000 guerrieri, calpesteremo senza pietà e misericordia il tuo piccolo paese sotto gli zoccoli dei nostri cavalli e lo metteremo a ferro e fuoco.

Nel frattempo il Sultano e il Pascià avevano lasciato Istanbul, i cronisti, secondo me esagerando molto nei numeri, dato che altre truppe vassalle si sarebbero aggiunte durante la marcia, dicono accompagnati dai rispettivi harem e da un esercito di 220.000 uomini, più 50.000 artigiani e addetti alla sussistenza, il 3 Maggio raggiungevano Belgrado, dove Kara Mustafà assunse il comando effettivo della campagna, mente il Sultano se ne tornava comodamente al Topkapi, non prima di avere nominato Re d'Ungheria Imre Tokoli, capo di una fazione antiasburgica magiara chiamata “I crociati” , la Storia e la politica sono strane, per non dire che spesso si beffano della logica, nella battaglia di Vienna questi “Crociati” ungheresi combatteranno con i mussulmani contro i cristiani.
A Vienna cominciarono ad arrivare masse di ungheresi in fuga, che parlavano di un esercito turco immenso, di cavalleria tartara che assaliva paesi, uccideva e razziava tutto ciò che poteva, la città, pur difesa da solide mura recentemente ristrutturate secondo i canoni dell'architettura militare italiana, era scarsamente difesa da truppe e il panico si impossessò di tutti, Johan Peter, consigliere aulico militare dell'imperatore scrisse: Tutto ciò che era possibile trovare in fatto di mezzi di trasporto e di gente che desse una mano, costava il decuplo, battelli, carri, carrozze, cavalli, ronzini che mal si reggevano.........tutto quanto veniva utilizzato per rendere possibile la fuga.
Il 7 Luglio scappava anche l'Imperatore Leopoldo e il Peter scrive: Le Loro Maestà fuggirono a tutta velocità con una piccola scorta e il loro viaggio fu tutt'altro che piacevole, Lungo la strada furono insultate a gran voce dalla plebaglia che non conosceva più ritegno e dalla cosiddetta gente semplice dei campi. Un oltraggio che, tuttavia, le Loro Maestà hanno sopportato con la massima pazienza senza prendersi vendetta di nessuno.(certo che il consigliere aulico aveva una bella faccia tosta ed una lunghissima coda di paglia, arrivavano le avanguardie tartare, loro scappavano e volevano anche essere applauditi?)

Il 14 Luglio 1683 l'enorme esercito turco (come sempre le stime numeriche sono imprecise, specialmente parlando di epoche ormai antiche, prendete i numeri che darò con le molle) di circa 150/200.000 uomini, aveva occupato i territori asburgici ad est della capitale, di questi si suppone che 80/120,000 posero direttamente l'assedio
La città era difesa da circa 10.000 militari di truppa ed altrettanti cittadini in armi, comandati dal conte Ernst Rudiger von Stahrenberg.,

I popolani che avevano sbeffeggiato Leopoldo, che non aveva saputo prevedere gli eventi, non avevano tutti i torti, la città non aveva riserve alimentari, due mesi di assedio bastarono per ridurre Vienna alla fame più nera, sparirono prima i gatti, poi i cani ed infine anche i topi, e Carlo di Lorena, con un esercito insufficiente, non poteva far altro che disturbare i rifornimenti nemici e attendere i rinforzi.

Per fortuna il padre Marco d'Aviano, col completo appoggio dell'azione del Papa che raccoglieva denaro e adesioni e di Leopoldo, viaggiando continuamente e inviando missive ovunque, era riuscito a raccogliere appoggi dai principi tedeschi, anche da alcuni protestanti, abilissimo predicatore riuscì persino ad attirare nella Lega Santa la Polonia/Lituania di Jan Sobieski, che con Leopoldo e Carlo di Lorena aveva pessimi rapporti, alla fine aderirono: Austria, Confederazione Polacco-Lituana, vari principi minori del Sacro Romano Impero, Baviera, Sassonia, Franconia, Svevia, Venezia e persino i cosacchi della Zaporizhia.
A poco a poco il piccolo esercito austriaco, circa 15.000 uomini, si rimpolpò, l'ultimo ad arrivare fu Sobieski, a tappe forzate, con 3.000 ussari alati di scorta, arrivò, precedendo il grosso delle sue truppe, in tutto 30.000, soprattutto cavalleria.
Il Comando formalmente apparteneva a Leopoldo, o, in suo nome, a Carlo di Lorena, ma padre Marco aveva fatto un bel lavoro, Leopoldo alla fine gli scrisse: Vostra Paternità mi creda ch'io voglia andare alla testa del mio esercito........ma se il Re di Polonia avesse qualche difficoltà di convenire con la mia persona..........io non voglio che la mia venuta sia danno a Vienna......io farò quindi il viaggio lentamente per non essere d'impedimento alle operazioni.
Anche Carlo di Lorena, che considerava il frate un santo che lo aveva guarito da una grave malattia e ne seguiva i consigli, chinò il capo, e all'arrivo di Sobieski, quella rivalità che tutti temevano si sciolse al sole, scesero ambedue da cavallo, si abbracciarono davanti a padre Marco d'Aviano e Carlo cedette il comando al Re, riconoscendone il rango superiore, e da quel momento ne fu il fedele luogotenente.
Padre Marco pote scrivere a Leopoldo; Lodato Iddio, Vostra Maestà Cesarea si consoli, che passa buonissima corrispondenza tra i due principi e fra i capi, tutti stanno uniti e si cammina con buonissimo ordine.
Il giorno della battaglia, alla messa mattutina, Jan e Carlo saranno gli umili chierichetti di padre Marco.
Il giorno prima della battaglia un giovane polacco che lavorava a Vienna attraversò fortunosamente le linee turche portando un messaggio disperato di Starhemberg, comandante di Vienna: Non perdete tempo, clementissimo Signore, Vienna laborat in extremis!(praticamente: Vienna sta per cadere), ed era vero, le mine turche avevano sgretolato larghe sezioni di mura, il cui crollo era questione di ore, il messaggero polacco venne rimandato in città, il giorno seguente l'esercito cristiano avrebbe sparato 5 colpi di cannone, da Vienna avrebbero risposto con un lancio di razzi, e subito dopo la battaglia sarebbe cominciata.

Il campo turco.

Kara Mustafà, per sfruttare l'effetto sorpresa e cogliere Vienna impreparata e senza rifornimenti per un lungo assedio, aveva lasciato indietro gli obici di enorme calibro di cui avrebbe potuto disporre, di difficile e lentissimo trasporto, gli ottomani erano abilissimi nell'assedio “di mina”, erano anche coadiuvati da un probabile agente del Re Sole, un ingegnere francese, ex cappuccino rinnegato, che aveva assunto il nome di Islam Ahmed Bey, una volta circondata la città, (si parla di oltre 15.000 tende militari), sicuro che Leopoldo fosse politicamente e militarmente solo, cominciò a costruire trincee e tunnel di mina, per far saltare le mura, ma un soldato austriaco scoprì un nuovo strumento per individuarli, si accorse che alcuni fagioli, posati su un tamburo, improvvisamente si erano messi a saltellare, ci volle poco per capire che non era un piccolo terremoto, si stava scavando sotto di lui, tamburi e fagioli permisero agli austriaci di individuare i tunnel nemici e di realizzare tunnel di contromina, un genere di guerra terribile e rischiosissimo.
Questi attacchi sotterranei continuarono anche durante la battaglia finale, con 10.000 ottomani, che, ormai vicinissimi alla conquista, mentre Sobieski distruggeva il loro esercito, continuavano a minare le mura.
Il gran visir peccò di presunzione, sottovalutò le truppe nemiche e sopravvalutò le proprie, trascurò di porre valli e fortificazioni attorno all'accampamento turco, sicuro dell'enorme superiorità numerica rispetto ai soccorritori, aveva incaricato Murad Giray, Khan dei tartari, di attaccare le truppe europee che dal nord e dall'ovest affluivano a Vienna, ma secondo lo storico turco Silahdar Findiklili, questi tradì, aveva accumulato un grosso bottino razziando il contado ed era stato criticato da Mustafà per l'avidità e la poca attività militare, fatto sta che i polacchi arrivarono a Vienna praticamente indisturbati.

All'alba del 12 Settembre 1683. dalla sommità della collina di Kahlemberg, che sovrasta Vienna, Sobieski e Carlo di Lorena davano l'ordine di inizio della battaglia più grande ed importante di quello che verrà chiamato il “secolo di ferro”, la battaglia di Kahlemberg.

I due eserciti si schierarono sul campo, il Gran Visir si schierò al centro, con a fianco
lo Sheich Vani Mehmed Effendi, un notissimo predicatore musulmano, che arringò le truppe.

La fanteria cristiana avanzò, dotata per la prima volta della baionetta ad anello, che, diversamente da quella a tappo non impediva lo sparo quando innestata, un'innovazione tecnologica di non poco conto per l'epoca, tra attacchi e contrattacchi la battaglia procedeva indecisa, a questo punto Mustafà ordinò alla sua cavalleria un attacco generale, migliaia di sipahi (o spahi, cavalleria semipesante turca) si precipitarono sulle linee nemiche, che cominciarono a cedere, a questo punto il Re di Polonia ordina all'intera cavalleria alleata di attaccare.

Gli ussari alati polacchi.

Prima di continuare il racconto penso sia meglio spiegare quale fu il corpo militare che risolse la battaglia, lo stato Polacco-Lutuano era una democrazia nobiliare in vigore prima in Polonia e in seguito, dopo l'unione di Lublino del 1569, nella Confederazione Polacco- Lituana. In questo sistema, tutta la nobiltà (circa il 10% della popolazione) godeva degli stessi diritti e degli stessi privilegi e controllava la legislazione (Camera dei deputati di Polonia e Parlamento polacco) e il Re era eletto da loro.
Questi nobili “di spada” formavano l'ultima cavalleria corazzata rimasta al mondo, formata ancora col sistema delle “lance”, ogni nobile provvedeva all'equipaggiamento per se e per i componenti della “lancia”, che, a seconda dell'importanza economica del feudatario poteva essere formata da 3 o da decine di cavalieri corazzati, sempre pronti ad intervenire, questa efficienza militare giustificava il potere politico che esercitavano, ogni gruppo si univa ad altri in un'organizzazione gerarchica preordinata.
Il nome derivava dall'intelaiatura di legno leggero ornata di penne di cigno o d'aquila, a forma d'ala che generalmente portavano fissata alla schiena o alla sella.
Questi reparti, armati di lunghe lance (queste, considerate importantissime, erano dipinte di rosso ed erano le uniche armi fornite dallo Stato, realizzate secondo standard precisi da laboratori statali), una sciabola ricurva e due pistole da sella, con uniformi ed armature coloratissime e luccicanti ed una pelle di leopardo o lince a bandoliera, sembravano fuori tempo e di scarsa efficacia contro le armi da fuoco ed i cannoni, eppure furono quasi sempre imbattuti, con imprese epiche incredibili.
Nel 1610, nel corso della battaglia di Kluszin, 6.800 polacchi (dei quali 5.500 Ussari) sconfiggono, aprendo le porte del Cremlino al Re di Polonia 30 mila Moscoviti, un gran numero di Svedesi ed un contingente di mercenari al loro soldo.

Il Re di Polonia guida la carica degli ussari polacchi e libera Vienna.

Jan Sobieski, con a fianco il figlio sedicenne, Jakub, alla testa di 20/25.000 ussari alati, seguiti dalla cavalleria alleata, con l'insegna degli antichi cavalieri sarmati (che avevano costituito la migliore cavalleria romana), un'ala di falco legata alla punta della lancia, guida personalmente la carica.
Le perdite europee nella battaglia furono leggerissime, circa 2.000 uomini contro 15/20.000 turchi, ma in grande maggioranza i caduti furono ussari, dovette essere uno spettacolo terribile, una simile massa di cavalleria, decine di migliaia di cavalieri, incuranti del fuoco dei cannoni e dei moschetti e delle picche dei giannizzeri, in uno svolazzare di ali bianche e di lance rosse puntate, al grido tradizionale “Jesusmaria” calarono sulle linee turche come un coltello nel burro, in pochi minuti l'esercito turco si sciolse come neve al sole, Sobieski arrivò indenne con l'avanguardia polacca nell'immenso accampamento turco intatto, nella sera Jan, che si rifiutò di dormire nella tenda del Gran Visir, e dormì fuori all'addiaccio col figlio, scrisse alla moglie Maria Casimira: (Marco d'Aviano) mi ha ringraziato un milione di volte e mi ha detto di avere visto durante la battaglia una colomba bianca volare sulle nostre armi........il Gran Visir mi ha fatto suo erede, e l'eredità è molto alta, vari milioni di ducati.

Ma lasciamo parlare la parte avversa, Silahdar Findiklili, funzionario del Sultano e storico turco scrisse: L'esercito dei maledetti infedeli, che possa venire schiacciato, giunse in due colonne, l'una, avanzando lungo le rive del Danubio penetrò nella fortezza e prese d'assalto le trincee, l'altra si impadronì dell'accampamento imperiale. I soldati che si trovavano nelle trincee furono trucidati o fatti prigionieri.....avendo trovato prigionieri alcune migliaia di loro, li liberarono dalle catene. Riuscirono ad impadronirsi di una quantità incredibile di denaro e rifornimenti. Non si preoccuparono quindi, di inseguire i soldati dell'Islam e se l'avessero fatto sarebbero stati guai. Che Dio ci protegga. Un disastro di tali dimensioni non s'era mai visto dalla comparsa dello stato ottomano.

Alcuni storici dicono che il mancato inseguimento del nemico fu dovuto alle dispute, che effettivamente vi furono, sorte per la spartizione dell'enorme bottino, altri dicono che furono i principi occidentali che vollero attendere l'arrivo dell'Imperatore Leopoldo, per affermare l'autorità dell'Impero e contrastare l'immensa popolarità che Sobieski si era conquistata, questi infatti entrò a Vienna senza aspettare l'arrivo di Leopoldo in un tripudio di folla,
Il 14 Settembre Leopoldo arrivava e veniva accolto dal polacco, che cavalcò verso di lui salutandolo, senza scendere da cavallo come l'etichetta prevedeva, ma nemmeno il popolo viennese gli tributò una calorosa accoglienza, Marco d'Aviano dirà : l'Imperatore non invidiava a Sobieski soltanto il trionfo, ma anche l'amore e la gratitudine che gli dimostravano i viennesi.
Il polacco anticipò Leopoldo anche nell'annunciare a Papa Innocenzo XI la vittoria, la lettera, scritta in italiano, iniziava con una frase in latino, parafrasando Cesare: Venimus, Vedimus, et Deus Vicit.
Con una notevole dose di umorismo scrisse anche a Luigi XIV, chiamandolo Re cristianissimo, gli relazionò l'esito della battaglia, il Re Sole non gli rispose, probabilmente colse l'ironia,,,,,

Kara Mustafà, invece di riorganizzare l'esercito in rotta, pensò solo a trovare capri espiatori per giustificare la disastrosa sconfitta e fece giustiziare decine di ufficiali, ma non gli servì, giunto a Belgrado trovò ad attenderlo i messi del Sultano, che, come racconta lo storico Findiklili, gli chiesero di restituire lo stendardo del profeta ed il sacro sigillo, toltosi dal collo il sigillo chiese: Devo dunque morire? Gli fu fatto cenno di sì ed egli continuò: Come piace ad Allah, Svolgete per favore il tappeto della preghiera.
Fu strangolato, come da tradizione, con una corda d'arco, l'interprete veneziano Tommaso Tarsia, testimone della scena, dice che chiese al boia che non lo facesse troppo penare, quindi si mise da solo il laccio al collo.
Innocenzo XI proclamò la giornata del 12 Settembre festa del Santissimo Nome di Maria, poi inviò la sua apostolica benedizione a padre d'Aviano e questa fu l'unica ricompensa che ricevette, solo nel 2003 fu proclamato beato dal Papa polacco Giovanni Paolo II.

Passiamo alle leggende o mezze verità che fiorirono dopo la battaglia a Vienna.
Ricordate il giovane polacco che fece da staffetta tra Vienna e il campo cristiano? Pare che come compenso abbia ricevuto l'enorme quantità di sacchi di caffè che fu ritrovato nell'accampamento turco e con questi aprì a Vienna la prima “Bottega del caffè” europea, poi si diffusero ovunque.
Si dice anche che il cappuccino padre d'Aviano, assaggiando la nera bevanda la trovasse troppo forte e chiedesse l'aggiunta di un po di latte, il liquido assunse un colore simile a quello del saio del cappuccino e così nacque il “cappuccino” delle nostre colazioni.
Per festeggiare la vittoria, un fantasioso pasticcere aveva prodotto un dolce a forma di mezzaluna, che ora noi chiamiamo “cornetto”, ma il nome originale era “croissant”, che significa “crescente” e la luna crescente ha, appunto, la forma della mezzaluna turca.

Alla battaglia di Kahlemberg partecipò anche il giovanissimo Eugenio di Savoia, e fu il primo combattimento della sua vita, col reggimento “Dragoni di Savoia”(il reggimento, con questo nome fu sciolto solo nel 1918, con la caduta dell'Impero), che già era del fratello maggiore Luigi Giulio, morto poco tempo prima in combattimento, partecipò alla carica vittoriosa e si guadagnò gli speroni d'oro e il grado di colonnello, questo ragazzo gracilino, di bassa statura e, si dice, talmente brutto che i pittori più che ritrarlo, inventavano.......diventerà il riformatore dell'esercito austriaco e uno dei maggiori protagonisti della storia asburgica, ma questo sarà argomento più approfondito della seconda parte della storia.


Fonti:
L'Ultima Crociata – Arrigo Petacco – Mondadori
Gli Asburgo II° vol. - Vittoria Vandano - Mondadori
Solimano il Magnifico – Andrè Clot – Fabbri editori
I Savoia – Adelaide Murgia – Mondadori
I Savoia – Gianni Oliva – Mondadori
Il Seicento e il Re Sole , l'Europa e il mondo nel secolo di ferro – Autori vari – UTET
 
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