Grande incendio di Roma

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raffaelemambella
view post Posted on 12/10/2010, 11:01




Caligola: nell'immaginario collettivo questo nome - dovremmo dire anche solo il suono di questa parola - evoca l'ombra della follia accompagnata al potere. Ciò che oggi potremmo definire, ripescando un refrain mediaticamente logoro, il "male assoluto". Questo perché la letteratura giuntaci dal passato, dedicata a Caio Giulio Cesare Germanico detto Caligola (nato ad Anzio il 31 agosto del 12 d.C., morto a Roma il 24 gennaio dell'anno 41), emerge dagli interessi e dalle rivisitazioni "politiche" di grandi storici della Roma antica: le voci che dipingono il personaggio di Caligola con maggior nitore e ricchezza di aneddoti sono quelle di Caio Tranquillo Svetonio (ca 70-140 d.C.) e Dione Cassio Cocceiano (ca 155-235 d.C.). Altri autori prestigiosi disposti a gettare uno sguardo - talvolta prudente, altre volte coinvolto dagli interessi di casta - su Caligola furono Seneca, Filone di Alessandria e Flavio Giuseppe, personaggi cronologicamente più vicini alla parabola dell'imperatore che, come racconta la tradizione, nominò senatore il proprio cavallo.
Soprattutto gli ultimi due, ebrei, certo non potevano vedere con simpatia quella sorta di monarca provocatore che arrivò ad intimare la costruzione di una sua statua, in atteggiamento "divino", all'interno del Tempio di Gerusalemme! La voce del grande Tacito emerge a tratti, e non ha come unico bersaglio Caligola, bensì la Roma imperiale, la stessa figura dell'imperatore, il singolo in grado di usare un potere tale da umiliare le tradizioni romane, a cominciare dall'autorità senatoriale. Tanto più che degli "Annales", purtroppo, proprio i libri concernenti gli anni del principato di Caligola (e i primi anni di quello di Claudio) non sono giunti fino a noi.
Quel che è certo è che Caligola, come tutti gli imperatori romani, una volta giunto sullo scranno di princeps che fu astutamente inventato (e nobilitato) da Augusto, si trovò a gestire la massima quantità di autorità che un uomo potesse immaginare: lui, e non solo lui, quel potere lo maneggiarono con cinismo e crudeltà, seguendo una condotta che oggi può, e anzi deve, apparirci mostruosa, ma che, per molti aspetti, in quell'epoca faceva parte della natura delle cose. Muovere eserciti per guerre di interesse o di semplice gloria, obbligare al suicidio rivali o personaggi in vista invisi al potere imperiale, disporre di uomini e cose in assoluta libertà: tutto questo era lo specchio di un dispotismo accettato, considerato fisiologico al momento storico.
Forse, la particolarità di Caligola fu quella di dare al potere imperiale una suggestione "orientale": d'altronde l'Egitto agì su di lui con un fascino particolare, e la figura dell'imperatore fatto della stessa pasta degli Dei si affacciò a Roma proprio con il successore di Tiberio. Diverse azioni di Caligola - che Svetonio narrò con la penna intinta nel vetriolo e nella partigianeria - rispondevano a una logica storica, ed erano figlie perfette di una cornice di intrighi e lotte di potere astutamente tenute lontano dai racconti dello storico del tempo, interessato a fare della storia dei Cesari e di Roma una storia di uomini, di eroi e anti-eroi, in grado di muovere gli eventi in una direzione o nell'altra a seconda delle proprie virtù o dei propri vizi. A differenza di un Tacito, ben più disposto ad evidenziare il ruolo di "personaggi collettivi" come il popolo o il Senato. Il cui comportamento era, in Roma, tutt'altro che passivo.
E poi come si fa a non impazzire se a sette anni la persona con cui devi vivere, lo zio Tiberio, ti ha ucciso il padre ed esiliata, accecata ed uccisa la madre? Caligola ebbe nella sua vita sempre il comportamento di chi ha perso tutto e non vuole più perdere niente dei suoi affetti: ecco spiegato l'eccessivo amore per la sorella e poi sin da bambino aveva avuto malattie nervose: ricordo che l'epilessia era un male di famiglia. Con questo non si vuole giudicare Caligola benevolmente ma lo si inserisce nella realtà storica in cui è vissuto. Mi pare questo dibattito avvenga tra gente interessata alla storia e non a certi stereotipi che con la storia non hanno niente a che fare. E qui le parla uno storico di professione.
Riguardo a Nerone, che sin da giovane aveva avuto una grande cultura greco-ellenistica più che romana, impartitagli da precettori come Seneca, purtroppo non abbiamo alcuna opera poetica conservata sino ad oggi.
 
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view post Posted on 12/10/2010, 13:57

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Spero tu non voglio giustificare certi comportamenti di Caligola da quello che ha passato durante l'infanzia. Possiamo chiamarla malattia o in qualsiasi altro modo ma non si può giustificare la pazzia di un uomo che degenare in una cotale mostruosità.
 
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raffaelemambella
view post Posted on 12/10/2010, 17:38




Consiglio la lettura di "Caligola. Dietro la follia"
Autore Winterling Aloys
Prezzo € 18,00
Dati 2005, X-202 p., ill., rilegato
Traduttore Tosti Croce M.
Editore Laterza (collana Storia e società)

Beveva perle dissolte nell'aceto e mangiava cibi cosparsi d'oro, con feroce crudeltà infieriva sui senatori romani, teneva un bordello nel proprio palazzo e non si asteneva dall'avere una relazione incestuosa con la sorella. Convinto di possedere natura sovraumana, impose ai suoi contemporanei di onorarlo come un dio. Gli storici antichi hanno dato a tutto questo una spiegazione: era pazzo. Ma le cose, spiega Aloys Winterling, ordinario di Storia antica e Antropologia storica all'università di Friburgo, sono molto più complicate.
Questo libro può essere letto in due modi: come una saggio biografico su Caligola, il giovane imperatore che regnò a Roma dal 37 al 41 d.C., e come un libro a tesi, teso a dimostrare che il medesimo Caligola non era pazzo e che la leggenda della sua follia nacque molti anni dopo la sua morte.
Winterling insegna storia antica a Friburgo e ha all'attivo ricerche di storia imperiale romana: si muove con perizia tra le fonti antiche e possiede una scrittura agile e accattivante, a giudicare dalla traduzione. Libro adatto sia agli specialisti sia soprattutto al più vasto pubblico di cultori e di curiosi, a cui il libro è espressamente dedicato, con un taglio divulgativo che esclude l'analisi della bibliografia moderna e relega l'apparato erudito in otto pagine di note. In quattro capitoli è passata in rassegna la vita del principe, dai primi anni al seguito del padre Germanico negli accampamenti militari agli ultimi cinque al potere, scanditi in tre momenti: un primo periodo di concordia con il senato, la rottura dei buoni rapporti, la voluta persecuzione sistematica dell'aristocrazia. All'ultimo periodo di vita è dedicato un capitolo a sé, cui seguono poche pagine sull'origine della "calunnia" della pazzia.
Winterling non appartiene a quella schiera di revisionisti che vedono come un dovere trasformare efferati tiranni in benefattori dell'umanità e giudica con equilibrio; ha buon gioco a ricordare che nei primi due anni di regno Caligola si comportò con assennatezza e rispetto (ma questo non esclude che il cambiamento successivo sia stato di natura patologica) o che le tendenziose fonti senatorie sono sistematicamente ostili ai principi che si rifiutarono di seguire il modello augusteo di collaborazione con il senato (ma proprio Svetonio, a cui si dovrebbe l'invenzione della pazzia, era di origine equestre e, pur distando un secolo dai fatti, aveva accesso agli archivi riservati). L'autore accetta come vere tutte le follie che la tradizione attribuisce a Caligola, comprese la nomina di un cavallo a senatore e la costruzione di un gigantesco quanto inutile ponte di barche nel golfo di Napoli, e ne riconosce l'inaudita crudeltà verso i senatori. Solo che giudica tutto ciò frutto di un complesso e cosciente tentativo di azzerare la classe senatoria, capace solo di atti di fasulla sottomissione e continue congiure.
Caligola, però, dilapidò una fortuna pur di averla vinta sugli aristocratici, progettò di spostare la capitale ad Alessandria per farsi adorare come un dio e finì per scontentare tutti, tanto che a ucciderlo non furono gli aborriti senatori: forse non è sufficiente per parlare di pazzia conclamata (e quale medico potrebbe esprimere questa diagnosi a due millenni di distanza?), ma pare indizio perlomeno di un significativo squilibrio, forse inevitabile nella mente di un giovane giunto troppo presto a disporre di un potere illimitato e senza freni.
 
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view post Posted on 25/2/2011, 19:15

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Tutti sappiamo che il grande incendio di Roma fu accollato ai poveri cristiani che nulla avevano commesso.
Se da un lato forse bisogna affermare che sicuramente Nerone non fu responsabile dell'incendio, dall'altro lato possiamo sicuramente dire che fu uno spietato assassino.
Lo testimonia lo stesso Tacito nei suoi Annales quando parla delle condanne ai cristiani.
Nerone era solito bruciare i corpi delle vittime mentre di fronte al macabro spettacolo lui e l'intera gens nobile banchettava, ballava e rideva.

A voi il quadro:
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view post Posted on 25/2/2011, 20:50
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il secondo lo consocevo già, ma il primo, di chi è??? Per caso di Alma Tadema???

Edited by Pierrot Le Fou - 25/2/2011, 21:23
 
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Madamadore
view post Posted on 3/10/2013, 10:22




A proposito dell'incendio di Roma, si tende spesso a dimenticare alcune cose. Prima di tutto, che gli incendi erano una cosa purtroppo molto comune nell'Urbe. Augusto istituì i vigiles per arginare la cosa ma i mezzi erano molto limitati. Inoltre, gli edifici erano vicini gli uni agli altri e spesso costruiti in legno, soprattutto ai piani più alti. La speculazione edilizia era massiccia e fuori controllo e non dobbiamo dimenticare che molte insulae erano di proprietà di senatori che li affittavano alla plebe e quindi non badavano tanto alla regolarità della costruzione. L'incendio sotto Nerone fu eccezionale per la sua vastità ma non credo proprio che sia responsabile l'imperatore che, al momento della sciagura, ospitò molti popolani rimasti senza casa nei suoi terreni. Alcuni sostengono che fosse doloso e volontario nel senso che provarono ad appiccare fuoco ad alcune aree per liberarle dagli edifici e speculare nuovamente sulla costruzione di nuove case...ovviamente tutto sfuggì al controllo dei responsabili. Nerone ebbe il merito di istituire un nuovo piano regolatore di Roma, imponendo dei limiti ai piani delle case e alla distanze degli edifici l'uno dall'altro. Nerone attribuì la colpa ai cristiani per placare le acque ma non condannò poi così tante persone...sicuramente meno di quelle morte sotto Diocleziano. I cristiani erano ancora una minoranza all'epoca e i peplum ingigantiscono molto tutto questo. Quanto agli omicidi, non fu né più né meno spietato di molti altri regnanti. Il padre di Cleopatra, per esempio, mandò a morte una delle sue figlie che aveva tramato contro di lui per cui non me la sento di essere così severa in proposito. Nessuno, forse Augusto e Tiberio, moriva di vecchiaia, una volta al potere e, se avevi un nome illustre, dovevi essere pronto a far cadere qualche testa, se volevi sopravvivere. Nerone fece uccidere la madre ed il precettore (fu fatto suicidare, pardon) ma solo perché fino a quel momento era stato un burattino in mano loro. Voleva governare da solo e non si facevano da parte (agrippina non lo avrebbe mai fatto, soprattutto dopo tutto l'impegno messoci), imponendogli scelte che non condivideva.

Fece uccidere Ottavia perché era la figlia di Claudio e chiunque l'avesse sposata ( e non mancavano) avrebbe potuto accampare pretese di dominio. Parte degli omicidi erano opera della madre. In ogni caso, quello che voglio dire è che, per quanti morti abbia fatto, Nerone non fu né più né meno spietato di altri sovrani. Era una prassi impossibile da evitare, anche perché tenere il potere era un'operazione costantemente precaria. Alcune operazioni furono assai bizzarre, tanto da far pensare alla follia ma credo che fosse meno pazzo di quanto si pensi. Il periodo aureo del suo governo è tale perché Nerone in quell'arco di tempo fece tutto quello che Afranio Burro, Seneca e la madre e il senato volevano che facesse. Quando volle fare di testa sua, venne subito cestinato come folle.
 
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20 replies since 10/10/2010, 16:35   1819 views
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