Don Carlos, figlio di Filippo II e ispiratore di Verdi, Schiller e Alfieri

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view post Posted on 12/10/2010, 19:30
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In un altro topic si parlava di incesti, ebbene... ecco qui uno che di incesti, purtroppo, è la prova vivente: don Carlos

Don Carlos, principe delle Asturie (Valladolid, 8 luglio 1545 – Madrid, 24 luglio 1568), era il figlio di Filippo II di Spagna e di Maria Emanuela d'Aviz.

Fin da piccolo Don Carlos rivelò segni di un possibile squilibrio mentale. A 9 anni torturava le compagne di gioco e aggrediva spesso senza motivo. Una volta stava per buttare dalla finestra il suo confessore e questi si salvò soltanto perché la servitù intervenne in tempo. Il padre, a differenza da quanto descritto dalle opere su Don Carlos, era molto indulgente con il figlio e lo perdonava sempre. Nel 1567 ordì una congiura contro il padre e per questo fu imprigionato. Morì nel 1568, a 23 anni. Nelle opere dedicate alla sua figura si afferma che venne ucciso da Filippo II per aver commesso adulterio con la matrigna.





Ora, come alcuni di voi già sanno, sto scrivendo una storia, Se Maria avesse avuto un figlio, la maria del titolo è maria I, e da come si intuisce la storia è un'ucronia, ovvero la storia dei se...
Cosa c'entra don Carlos?
Semplice, all'inizio era nato come comprimario, ma ora è una delle tre voci narranti, l'unico uomo,. Nella mia realtà
SPOILER (click to view)
Ha sposato maria Stuart, da cui ha avuto due figli, ma l'ha tradita con il marchese Rodrigo di Posa. Ed è stato arrestato con l'accusa di sodomia e di tradimento e incarcerato in uno dei castelli del nord della Scozia
 
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view post Posted on 12/10/2010, 19:35

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Interessante figura quella di Don Carlos, ma di lui si sa veramente poco. A parte il fatto che non sono poi così sicuro che fu fatto uccidere da Filippo II ma che se lo siano tolto di mezzo in un modo alquanto più brutto. Il mandante della morte è davvero sciocco...è evidente che era scomodo.
Per quanto riguarda la sua "pazzia", non saprei che dire. Se fin da piccolo hai certe smanie "omicide" di sicuro non diventerai un grande uomo.
 
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view post Posted on 12/10/2010, 19:39
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diciamo che il povero ragazzo, aveva solo 22 anni alla morte; dopo essere stato imprigionato attraverso un autentico periodo di follia, alternando digiuni ad abbuffate pantagrueliche, si dice che riuscì a ingerire un diamante.....
 
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view post Posted on 12/10/2010, 19:41

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Si dice...certo che questa storia del diamante è davvero esilarante. Magari è la vera causa di morte...
 
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view post Posted on 12/10/2010, 19:43
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purtroppo no... il famigerato diamante venne recuperato... tralascio i dettagli
 
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view post Posted on 12/10/2010, 19:51

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Ok ora voglio sapere! Sputa il rospo!
 
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view post Posted on 12/10/2010, 19:51
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prima provarono a farlo vomitare, poi... attesero, e come si suol dire... la natura fece il suo corso
 
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view post Posted on 12/10/2010, 19:52

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Oddio haha, favoloso!!
 
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view post Posted on 12/10/2010, 19:57
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ma non solo... altro aneddoto, che ci mostra sia crudeltà che follia.
Un giorno, mentre camminava per strada, passò davanti a una casa, e per sbagliò ricevette in testa un po' d'acqua, qualche goccia. Senza pensarci su ordinò che tutti gli occupanti di quella casa venissero uccisi e la casa stessa data alle fiemma
 
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view post Posted on 12/10/2010, 19:58

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Stiamo scherzando vero? O_O però, non era l'unico. Enricone forse avrebbe fatto lo stesso.
 
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view post Posted on 12/10/2010, 20:00
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ma Enricone almeno era sano di mente, e pesava quanto, o forse troppo, un uomo normale, don carlos pesava a malapena 45 kg, era leggermente gobbo, e ritardato mentalmente.. non è di certo il principe eroico che Alfieri, Schiller e Verdi ci hanno tramandato
io
SPOILER (click to view)
nella mia storia, lo colloco a metà tra il don carlos storico e quello letterario




è un albero genealogico sugli ASburgo di Spagna.. sono esclusi i figli cadetti. per quanto riguarda il nostro Carlos, allora....
I suoi genitori, Filippo II e Maria d'Aviz, erano primi cugini, idem per i nonni, Carlo V e Isabella, il bisnonno materno aveva sposato sua nipote, Manuele I d'Aviz e Eleonora d'Asburgo; Ferdinando d'Aragona e Isabella di castiglia erano cugini di secondo grado.
E Manuele e le sue due prime mogli, Isabella e Maria, erano cugini di secondo grado
 
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view post Posted on 21/11/2011, 15:14
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Ho appena terminato una delle poche, credo l'unica reperibile, biografia di Filippo II. " Un solo re, un solo impero " di Geoffrey Parker.

Inutile dire che si parla del nostro Carlos, che viene presentato come una personalità alquanto instabile, capace un momento di ragionamenti sensati e l'attimo dopo di comportarsi come un bimbo di 6 anni.
Parker nota anche che Carlos venne rinchiuso nella stessa fortezza dove era già rinchiusa la nonna di giovanna la Pazza, Isabella del Portogallo, precisamente Arevalo, accudito dal nipote del carceriere della nonna di Filippo, Giovanna la pazza.

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view post Posted on 6/11/2013, 19:36
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Giudizio dell'epoca trovato per caso

Che non vuole né studiare né dedicarsi agli esercizi fisici, ma solo far del male agli altri. Che si sappia che non ama nessuno e detesta un gran numero di persone
 
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view post Posted on 6/2/2017, 11:58
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CITAZIONE
L'affaire Don Carlos, leggenda nera arrivata fino a Verdi
Nei ritratti dell’epoca è un ragazzotto dai perfidi tratti femminei. Ma il “photoshop” della pittura cortigiana ne mascherava le deformità: aveva una spalla gibbosa, il petto infossato, una gamba più lunga dell’altra; zoppicava, tartagliava, si ammalava di continuo e ancora più spesso dava fuori di matto. Un malevolo legato veneziano lo descriveva come un giovane «di complessione malinconica e collerica... difficilissimo in lasciarsi governare e appetitoso fuor di ragione... Poco cortese e di natura molto crudele».

Povero Don Carlos: benché circondato da ogni comfort, visse male – ma per sua fortuna poco, 23 anni – e morì ancora peggio. Falsificata, strumentalizzata per screditare il dominio della Spagna trionfante, la sua storia dark divenne subito materia di pamphlet assassini e in seguito di struggenti trasfigurazioni letterarie. A quell’uso si prestava benissimo, perché racchiudeva motivi ad alto tasso di suggestione drammatica: lo scontro tra generazioni, il conflitto tra politica e affetti, tra ragion di Stato e ragioni del cuore, e poi la rivolta, il complotto, la follia, il tradimento, il castigo. L’elaborazione del mito Don Carlos si sgrana lungo quattro secoli e il grand opéra verdiano, che adesso torna alla Scala nell’allestimento di Peter Stein, ne rappresenta il compimento sublime. Ma oggi che cosa sappiamo di certo o quantomeno di convincente sulla vicenda del “principe maledetto” incarcerato e lasciato crepare dal padre Filippo II in una torre dell’Alcázar madrileno per motivi ancora misteriosi?

Una decina d’anni fa il dibattito sull’affaire Don Carlos fu riaperto in Spagna dalla scoperta di un documento shock. Era la ritrascrizione ottocentesca di un testo andato perduto, redatto dal monaco Juan de Avilés, sedicente confessore di Sua Altezza. Il resoconto sconvolgeva le ipotesi più plausibili circa la fine del principe e le colpe che ne avevano portato alla condanna. Carlos – riferiva il religioso – non era morto di stenti durante la segregazione, ma era stato giustiziato tramite garrota dopo un processo segreto. Le accuse? Alto tradimento, intelligenza col nemico: gli indipendentisti olandesi da tempo in fermento contro il giogo spagnolo. A inchiodarlo, una serie di lettere a lui inviate dai ribelli, Guglielmo d’Orange, il conte di Egmont...

Non bastasse, ad aggravare la posizione dell’imputato erano spuntati pure alcuni ardenti biglietti destinati alla regina Elisabetta di Valois, terza moglie di suo padre. I palpiti per la libertà, l’ammutinamento di un delfino al dispotismo, l’amore impossibile per la matrigna, la vendetta di un padre doppiamente tradito... Da non crederci: il rapporto di fray Juan ridava improvvisamente corpo a tutte le fòle romantiche che avevano alimentato il giallo di Don Carlos. Peccato però che quella ricostruzione fosse una patacca. Rilevandone incongruenze ed errori, storici come l’inglese Geoffrey Parker – il maggior biografo di Filippo II – hanno dimostrato come si trattasse di una versione dei fatti rimaneggiata ex post, risalente al Seicento e dunque già impastata di tutti i rumors, le più sperticate dicerie che si erano propagate in Europa dopo la morte dell’Infante. Ma anche la vita di Carlos era stata un groviglio di enigmi, oltreché un distillato di infelicità da manuale. Tutto era cominciato sotto pessimi auspici.

Erede di un regno grande quanto un impero, il primogenito di Filippo II nasce nel 1545 uccidendo sua madre: Maria di Portogallo sopravvive al parto solo quattro giorni. Col padre assente causa superiori impegni, il ragazzino viene su «arrogante e mal disposto» registrano i cortigiani. Nell’apprendimento è lento. Soffre di febbri quartane. È soggetto a brutali sbalzi di umore. Secondo i cronisti inclina al sadismo: lepri e conigli «si diletta di vederli arrostir vivi; ed essendogli stata donata una biscia molto grande, ed essa avendogli dato un morso ad un dito, esso subitamente con i denti le spiccò la testa».

Per dirozzarlo, Filippo lo spedisce a studiare nella prestigiosa università di Alcalá de Henares. Ma il 19 aprile 1562 arriva la notizia di un grave incidente. Rincorrendo una servetta o più probabilmente incespicando con le gambe scompagnate – Carlos è ruzzolato giù da una scala e ha intruppato con la parte del corpo che fra tutte più gli fa difetto: la testa. La ferita s’infetta. Il principe non ci vede più, entra in coma. I monaci accorrono dando fondo all’arsenale miracolistico: statue della Vergine, reliquie taumaturgiche. Ma i luminari del regno danno all’Infante poche ore di vita. Non resta che un ultimo azzardo: la trapanazione. Mentre mezza Spagna si raccoglie in preghiere e processioni, a sobbarcarsi l’ingrata missione è l’esimio chirurgo Andrea Vesalio. L’intervento riesce. Suonano le campane, viene decretata un’amnistia. Carlos si riprende, sei mesi dopo cammina, ma non è più lo stesso. Se possibile, è peggiorato. Un giorno scaraventa dalla finestra un paggio che non gli garba. A un calzolaio che ha fabbricato scarpe troppo strette gliele fa mangiare. Guai a contrariarlo, come niente il principe sfodera il coltello.

A Palazzo non si conquista simpatie. Seppur con cautela, Filippo cerca di coinvolgerlo negli affari di Stato – è il suo unico figlio maschio – ma Carlos si sente emarginato. Recrimina, frigge di rancore verso il padre. Fino a commettere qualcosa di imperdonabile. Cosa? Di sicuro c’è solo che nella notte del 18 gennaio 1568 il re ne decide la carcerazione. A incaricarsene è il monarca stesso. La scena dell’arresto vale tutto il film.

Una maglia di ferro infilata sotto gli abiti, tipo giubbotto antiproiettile, Filippo si presenta negli appartamenti del figlio con un drappello di armigeri, ministri del Consiglio di Stato, attendenti muniti di chiodi e martello. Toc toc. Chi è? «El Consejo de Estado». Irrompendo, le guardie sequestrano all’Infante spada e archibugio, carte e denari. Le finestre vengono sigillate. «Vostra Maestà è venuto per uccidermi o per imprigionarmi?» s’informa Carlos. «Non sono pazzo, sono disperato». Filippo: «Calmatevi e tornate a letto. Lo stiamo facendo per il vostro bene». Il principe è messo in isolamento e «rapidamente gettato nel dimenticatoio; di lui si parla meno che se non fosse mai nato». Bocche cucite. Anche quella del sovrano che con il suo silenzio gonfia i sospetti. In una lettera a papa Pio V si spiega in termini criptici: la reclusione non dipende «dal carattere o da qualche colpa» dell’Infante. «A causa dei miei peccati, è stato volere di Dio che questo principe avesse così gravi difetti, in parte mentali, in parte dovuti alla sua costituzione fisica, dando prova lampante di essere privo delle doti necessarie per governare. Ho scorto i gravi rischi che si sarebbero presentati se avesse dovuto succedere e i palesi pericoli che ne sarebbero derivati». Ok, Carlos è inidoneo al comando della Spagna – Unfit to lead Spain, scriverebbe l’Economist – ma che cosa ha fatto per meritarsi il 41 bis dell’epoca?

Fonti diplomatiche alludono a missive nelle quali il principe si lagnava del padre con alti rappresentanti della corona in Italia e Paesi Bassi, sbandierando crudi dissensi all’interno della corte. Era l’abbozzo di una sedizione contro il monarca? Per quale motivo Carlos aveva preso in prestito duecentomila ducati? Solo per sputtanarseli al gioco o meditava una fuga? E perché si era fatto dipingere quindici ritratti, tra i quali quelli magnifici realizzati da Alonso Sánchez Coello e dalla cremonese Sofonisba Anguissola? Aveva intenzione di spedirli insieme a prebende ai potenti che voleva ingraziarsi? Nulla prova che il principe avesse preso contatti con i separatisti olandesi candidandosi a guidarne la causa. E la favoleggiata passione galeotta per la regina? Invenzione romanzesca. Certo, Carlos e Elisabetta erano coetanei e tra loro c’era simpatia, ma «sembra altamente improbabile che una qualsiasi condotta inappropriata abbia potuto aver luogo in un palazzo dove la famiglia reale era costantemente circondata di cortigiani» ricorda il biografo Parker.

Don Carlos muore il 24 luglio del 1568 dopo sei mesi di internamento. Si uccide rifiutando il cibo. Durante la detenzione l’hanno visto spalmarsi di neve, ingurgitare compulsivamente acqua gelata, ha anche provato a farsi fuori inghiottendo un grosso anello con diamante. Comincia a circolare la voce che sia stato assassinato. Sotto Filippo II l’omicidio politico è uno sport praticato assai.

Ma sono soltanto sussurri: la vera bomba scoppia nel 1580 quando a Leida viene stampata l’Apologia di Guglielmo d’Orange, leader della rivolta olandese. Nel pamphlet Filippo è dipinto come una belva sanguinaria e accusato di aver eliminato tanto il figlio quanto Elisabetta, moglie infedele. Don Carlos diventa l’eroe della Leyenda negra, cioè della più colossale operazione di propaganda mai orchestrata nella storia. Non diversamente dagli Stati Uniti in tempi più recenti, la superpotenza spagnola è tacciata d’ogni nequizia. L’inquisizione, gli autodafé, le atrocità sugli indios, le razzie dei famigerati Tercios – le truppe più temibili del mondo... Si confeziona il cliché ispanofobico di un popolo fanatico e feroce. In misura e con intenti diversi, alla Leggenda nera si abbevera tutta la letteratura su Don Carlos. Dall’abate francese Saint-Réal che nel 1672 ne fa l’eroe del primo “romanzo storico” all’inglese Thomas Otway che nel 1676 gli dedica un dramma di successo. Fino ad Alfieri e Schiller al quale nel 1865 si ispirano i librettisti di Verdi Joseph Méry e Camille du Locle.

Anche quando la polemica antispagnola si spegne Don Carlos resta emblema della libertà contro l’assolutismo dogmatico e bigotto. Ma la realtà fu tutt’altra. Scriveva il consigliere Ruy Gómez: «Il cervello del principe era più deformato del suo corpo». In famiglia c’erano già stati casi di follia, il più celebre quello della bisnonna di Carlos, Giovanna la pazza, anche lei allontanata dal potere e reclusa.

Ci hanno venduto Don Carlos come una specie di Amleto spagnolo, ma fisicamente ricordava di più Riccardo III. Era il risultato di una sfilza di matrimoni endogamici. Con un coefficiente di consanguineità di 0,211 – hanno calcolato pure questo – era quasi come se fosse nato da un’unione tra fratello e sorella. Nel melodramma verdiano il principe è un fan del nonno, l’augusto Carlo V, contrapposto al “plumbeo” Filippo. Ed è vero che Don Carlos mitizzava l’Imperatore. Ignorava che dopo averlo visto per la prima volta ragazzino deforme, Carlo V aveva commentato: questo fatelo vedere in giro il meno possibile.

Di Marco Cicala, sul Venerdi
 
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