Lucio Apuleio

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Fede Tere
view post Posted on 20/4/2011, 20:27




Lucio Apuleio o Apuleio da Madaura (Madaura, 125 – 170 circa) fu uno scrittore, filosofo, retore, mago e alchimista romano di scuola platonica.
È noto in particolare per la composizione del romanzo Le metamorfosi (o Asino d'oro). Il prenome Lucio, come tradotto dai codici, risulta sospetto, a causa dell'omonimia con il protagonista-narratore di quest'opera

Nascita e formazione
Apuleio nasce intorno al 125 a Madaura (attuale Mdaurusch, Algeria), piccolo ma importante avamposto romano.
La famiglia è benestante ed influente: il padre fu console, la più alta magistratura municipale in Roma, e lasciò ai suoi due figli una consistente eredità di quasi due milioni di sesterzi. I primi studi grammaticali e retorici li segue a Cartagine. Qui Apuleio approfondisce poesia, geometria, musica, e soprattutto filosofia, i cui studi sono terminati successivamente ad Atene. S'interessa anche dei riti misterici: a Cartagine dei misteri di Esculapio, il corrispettivo romano del dio greco della medicina e della guarigione Asclepio, e ad Atene dei Misteri Eleusini.

Viaggi
Apuleio è un grande amante dei viaggi: brillante conferenziere e curioso d'ogni scienza, filosofia o culto, è a lungo una specie di clericus vagans del suo tempo. Alcune tappe del suo pellegrinaggio segnano particolarmente il suo vissuto e la sua sensibilità. Recatosi a Roma, è iniziato al culto di Osiride e di Iside e intraprende con successo la carriera dell'avvocato. Prosegue poi per l'Egitto, Samo (isola natale di Pitagora), Gerapoli e l'Oriente. Qui approndisce la sua cultura filosofica e religiosa.

Il processo per magia
Sulla via di Alessandria, Apuleio sosta a Oea (l'odierna Tripoli), dove si imbatte in un vecchio compagno di studi, Ponziano, che lo trattiene offrendogli ospitalità. La madre di Ponziano, Emilia Pudentilla è vedova, non bella, ma particolarmente benestante. Pudentilla vuole sposarsi con Apuleio, perché fidato amico e, in quanto filosofo, indifferente alla ricchezza. Apuleio, inizialmente ritroso, cede alle insistenze della donna e si uniscono in matrimonio. Dì lì a breve, Ponziano muore e i parenti di Pudentilla, per timore di perdere la ricca eredità, accusano Apuleio di aver sedotto la vedova con incantesimi e magie per estorcerle il lascito.
È avviato un processo a suo carico, che viene celebrato a Sabratha, in Tripolitania, di fronte al proconsole romano Claudio Massimo, si suppone tra la fine del 158 e gli inizi del 159 e.v.. Questa bega legale espone Apuleio addirittura alla pena capitale, in osservanza della lex Cornelia de sicariis et veneficis emanata dal dittatore Silla nell'81 a.C. Anche grazie all'orazione difensiva, poi pubblicata col titolo di Apologia o "Pro se de magia", Apuleio viene assolto, o almeno così si può dedurre dal tono trionfale nella stessa.

Gli Ultimi Anni
Per merito delle sue pubblicazioni, Apuleio riscuote grande fama di filosofo platonico. Ritornato a Cartagine, la sua gloria viene riconosciuta con la sua investitura a sacerdos provinciae ("sacerdote della provincia"), una carica di grande prestigio religioso e civile: gli è affidato il culto dell'imperatore e di Roma, ma anche funzioni di governo e di rappresentanza. Muore nel 170 d.C., anno a cui risalgono le ultime notizie a suo riguardo. Le cause della morte sono, allo stesso modo, ignote.

Le Metamorfosi
La storia narra di un giovane chiamato Lucio (identificato da A. con lo stesso narratore), appassionato di magia. Originario di Patrasso, in Grecia, egli si reca per affari in Tessaglia, paese delle streghe. Là, per caso, si trova ad alloggiare in casa del ricco Milone, la cui moglie Panfila è ritenuta una maga: ha la facoltà di trasformarsi in uccello. Lucio - avvinto dalla sua insaziabile "curiositas" - vuole imitarla e, valendosi dell'aiuto di una servetta, Fotis, accede alla stanza degli unguenti magici della donna. Ma sbaglia unguento, e viene trasformato in asino, pur conservando coscienza ed intelligenza umana. Per una simile disgrazia, il rimedio sarebbe semplice (gli basterebbe mangiare alcune rose), se un concatenarsi straordinario di circostanze non gli impedisse di scoprire l'antidoto indispensabile. Rapito da certi ladri, che hanno fatto irruzione nella casa, durante la notte stessa della metamorfosi, egli rimane bestia da soma per lunghi mesi, si trova coinvolto in mille avventure, sottoposto ad infinite angherie e muto testimone dei più abietti vizi umani; in breve, il tema è un comodo pretesto per mettere insieme una miriade di racconti.
Nella caverna dei briganti, Lucio ascolta la lunga e bellissima favola di "Amore e Psiche", narrata da una vecchia ad una fanciulla rapita dai malviventi: la favola racconta appunto l'avventura di Psiche, l'Anima, innamorata di Eros, dio del desiderio, uno dei grandi dèmoni dell'universo platonico, la quale possiede senza saperlo, nella notte della propria coscienza, il dio che lei ama, e che però smarrisce per curiosità, per ritrovarlo poi nel dolore di un'espiazione che le fa attraversare tutti gli "elementi" del mondo) (vd oltre, la parte dedicata specificamente alla favola).
Sconfitti poi i briganti dal fidanzato della fanciulla, Lucio viene liberato, finché – dopo altre peripezie – si trova nella regione di Corinto, dove, sempre sotto forma asinina, si addormenta sulla spiaggia di Cancree; durante la notte di plenilunio, vede apparire in sogno la dea Iside che lo conforta, gli annuncia la fine del supplizio e gli indica dove potrà trovare le benefiche rose. Il giorno dopo, il miracolo si compie nel corso di una processione di fedeli della dea e Lucio, per riconoscenza, si fa iniziare ai misteri di Iside e Osiride.
L'ultima parte del romanzo (libro XI), che si svolge in un clima di forte suggestione mistica ed iniziatica, non ha equivalente nel testo del modello greco. E’ evidente che è un'aggiunta di A., al pari della celebre "favola" di Amore e Psiche, che si trova inserita verso la metà dell'opera: centralità decisamente "programmatica", che fa della stessa quasi un modello in scala ridotta dell’intero percorso narrativo del romanzo, offrendone la corretta decodificazione.
Ci si può chiedere se queste aggiunte non servano a spiegare l'intenzione dell'autore. In realtà l'episodio di Iside, come quello di Amore e Psiche, ha un evidente significato religioso: indubbio nel primo; fortemente probabile nel secondo, interpretato specificamente ora come mito filosofico di matrice platonica, ora come un racconto di iniziazione al culto iliaco, ora – ma meno efficacemente – come un mito cristiano.
Certo è, comunque, che tutto il romanzo è carico di rimandi simbolici all’itinerario spirituale del protagonista-autore: la vicenda di Lucio ha, infatti, indubbiamente valore allegorica: rappresenta la caduta e la redenzione dell’uomo, di cui l’XI libro è certamente la conclusione religiosa (lo stesso numero dei libri, 11, sembra del resto far pensare al numero dei giorni richiesti per l'iniziazione misterica, 10 appunto di purificazione e 1 dedicato al rito religioso). Il tutto farebbe delle "Metamorfosi", così, un vero e proprio romanzo "mistagogico", che sembrerebbe invero registrare l'esperienza stessa dello scrittore.
Romanzo che, tuttavia, qualunque sia la sua reale intenzione, ci offre una straordinaria descrizione delle province dell'impero al tempo degli Antonini e, in modo particolare, della vita del popolo minuto. Confrontato con quello di Petronio, dà però la curiosa impressione che i personaggi vi siano osservati a maggiore distanza, come in un immenso affresco dove si muovono, agitandosi, innumerevoli comparse.

FedeTere
 
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view post Posted on 21/4/2011, 12:17
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Apulio, lo abbiamo appena cominciato a latino, e io, di epr me, l'anno scorso, ho eltto alcuni apssi di " L'asino d'oro2, specialemnte la storia di Amore e Psiche, è incredibile come riesca a fodnere diversi generi narrativi
 
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view post Posted on 21/4/2011, 14:12

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Apuleio è uno dei grandi della letteratura latina. Insieme a Petronio, è il mio preferito. E poi notare la disinvoltura con cui parlava delle magia nonostante il fatto fosse accusato di tale crimine.
 
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Fede Tere
view post Posted on 22/4/2011, 07:50




La favola di Amore e Psiche
Premessa. Come detto, la favola di Amore e Psiche, che si estende emblematicamente dalla fine del IV libro (paragrafo XXVIII) a buona parte del VI (prg. XXIV incl.), ha un'importanza esemplare nell'economia generale del romanzo, svolgendo una funzione non solo esornativa, ma fornendocene invero la corretta chiave di lettura e di decodificazione, fulcro artistico ed etico dell'opera tutta.
Trama. La favola inizia nel più classico dei modi: c'erano una volta, in una città, un re e una regina, che avevano tre figlie. L'ultima, Psiche, è bellissima, tanto da suscitare la gelosia di Venere, la quale prega il dio Amore di ispirare alla fanciulla una passione disonorevole per l'uomo più vile della terra. Tuttavia, lo stesso Amore si invaghisce della ragazza, e la trasporta nel suo palazzo, dov'ella è servita ed onorata come una regina da ancelle invisibili e dove, ogni notte, il dio le procura indimenticabili visite. Ma Psiche deve stare attenta a non vedere il viso del misterioso amante, a rischio di rompere l'incantesimo. Per consolare la sua solitudine, la fanciulla ottiene di far venire nel castello le sue due sorelle; ma queste, invidiose, le suggeriscono che il suo amante è in realtà un serpente mostruoso: allora, Psiche, proprio come Lucio, non resiste alla "curiositas", e, armata di pugnale, si avvicina al suo amante per ucciderlo. Ma a lei il dio Amore, che dorme, si rivela nel suo fulgore, coi capelli profumati di ambrosia e le ali rugiadose di luce e il candido collo e le guance di porpora. Dalla faretra del dio, Psiche trae una saetta, dalla quale resta punta, innamorandosi, così, perdutamente, del'Amore stesso. Dalla lucerna di Psiche una stilla d'olio cade sul corpo di Amore, e lo sveglia. L'amante, allora, fugge da Psiche, che ha violato il patto. L'incantesimo, dunque, è rotto, e Psiche, disperata, si mette alla ricerca dell'amato. Deve affrontare l'ira di Venere, che sfoga la sua gelosia imponendole di superare quattro difficilissime prove, l'ultima delle quali comporta la discesa nel regno dei morti e il farsi dare da Persefone un vasetto. Psiche avrebbe dovuto consegnarlo a Venere senza aprirlo, ma la curiosità la perde ancora una volta. La fanciulla viene allora avvolta in un sonno mortale, ma interviene Amore a salvarla; non solo: il dio otterrà per lei da Giove l'immortalità e la farà sua sposa. Dalla loro unione nascerà una figlia, chiamata "Voluttà".

La chiave di lettura della favola. La successione degli avvenimenti della novella riprende quella delle vicende del romanzo: prima un'avventura erotica, poi la "curiositas" punita con la perdita della condizione beata, quindi le peripezie e le sofferenze, che vengono alfine concluse dall'azione salvifica della divinità. La favola, insomma, rappresenterebbe il destino dell'anima, che, per aver commesso il peccato di "hybris" (tracotanza) tentando di penetrare un mistero che non le era consentito di svelare, deve scontare la sua colpa con umiliazioni ed affanni di ogni genere prima di rendersi degna di ricongiungersi al dio. L'allegoria filosofica è appena accennata (se non altro, nel nome della protagonista, Psiche, simbolo dell'anima umana), ma il significato religioso è evidente soprattutto nell'intervento finale del dio Amore, che, come Iside, prende l'iniziativa di salvare chi è caduto, e lo fa di sua spontanea volontà, non per i meriti della creatura umana.

Non potevo non metterla xD


FedeTere
 
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view post Posted on 22/4/2011, 12:58

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Fede Tere
view post Posted on 22/4/2011, 13:07




no, non ancora. Perà vedrò di leggerlo in contemporanea alla biografia su Juana la Loca

FedeTere
 
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