| Il teatro Kabuki fu fondato in Giappone agli inizi del 17° secolo. Fu influenzato dall'aristocratico Noh, ma molto più popolare e diffuso fra le masse. Si dice che i suoi inizi si debbano ad Okuni, una splendida danzatrice che, quando si esibì per la prima volta a Kyoto, scatenò stupore e meraviglia per la magia misteriosa di una danza mai vista prima, di derivazione religiosa ma carica di suggestione e sensualità.
Da quella danza, nel corso dei seguenti trecento anni, si sviluppò una sofisticata forma di teatro dove la magia è data dall'intreccio di musica, danza e colori. Nessuna pretesa di narrare eventi realistici, nessun tentativo di convincere il pubblico che non si tratta di altro se non di una esagerata simulazione. Anche i dialoghi più intimi vengono recitati guardando la platea, con una recitazione "full front" chiamata shoumen engi. L'argomento delle rappresentazioni è di solito un conflitto che si sviluppa fra i personaggi, dove colui che eroicamente si oppone alla fine perde la vita.
La danza è tuttora un elemento fondamentale delle performance di teatro kabuki. Ce ne sono tre diversi tipi: la danza odori, la danza mai - di diretta derivazione dal teatro Noh - e la danza furi. Dopo Okuni, altre danzatrici, ugualmente belle, sinuose e sensuali, con un trucco accuratissimo e abiti dai colori sgargianti, seguirono il suo esempio. Presto però si cominciò a parlare di loro come di donne dai facili costumi. Alcune lo erano davvero, anche se in fondo la forma di prostituzione a cui si dedicavano era più che altro un raffinatissimo tipo di cortigianeria. Ma tant'è.
Furono bandite dai palcoscenici, e il kabuki, benché creato da una donna, divenne predominio maschile. Apparvero gli Onnagata (o Oyama), attori uomini specializzati in ruoli femminili come accadeva anche nel teatro elisabettiano. Gli Onnagata sono i grandi protagonisti delle rappresentazioni di kabuki maruhon, derivato dal teatro delle marionette, e proprio loro enfatizzavano questa connessione movendosi come pupazzi, in maniera spezzata e legnosa.
In un suo racconto Yukio Mishima così definiva le caratteristiche più intime di un Onnagata da lui conosciuto: "a tratti un guizzo gli balenava negli occhi facendo intravedere le gelide fiamme che ardevano nella sua anima". L'Onnagata si immedesimava nella parte anche nella vita quotidiana, facendo della sua intera esistenza un continuo esercizio di disciplina e di stile. Anche molti di loro, per ironia della sorte, finirono per dedicarsi alla prostituzione, ma questo non pareva preoccupare i severi censori della morale che avevano proibito alle donne di salire sul palcoscenico. La figura dell'Onnagata, uomo-donna, era ben accetta da tutti, anzi rispettata e ammirata per le capacità artistiche, per la suprema eleganza e per la disciplina. La tradizione buddista -scintoista, in quanto religione immanente che tende ad armonizzare i contrasti in questo mondo, aveva trovato nell'Onnagata la perfetta incarnazione dell'androgino. Essi erano tenuti a seguire fedelmente i dettami dell'Ayamegusa,un manuale di regole di comportamento, risalente al diciottesimo secolo e a loro indirizzato dove troviamo ad esempio queste intriganti indicazioni: "Il fascino è l'essenza dell'Onnagata. Ma persino l'Onnagata che sia naturalmente dotato di bellezza perde il suo fascino se cerca di sottolinearlo con le movenze. Se cerca coscientemente di apparire grazioso, apparirà corrotto. Per questo motivo, a meno che un Onnagata non viva nella vita di ogni giorno come una donna, è difficile poterlo ritenere un Onnagata compiuto. Quando apparirà sulla scena, quanto più cercherà di assumere un particolare ruolo femminile, tanto più apparirà mascolino. Sono convinto che è essenziale il comportamento dell'attore nella vita reale".
In fondo le regole di vita dell'Onnagata sono molto simili a quelle dei Samurai. Disciplina, perfezione, attenzione estrema ai dettagli. Attualmente, l'Onnagata più famoso in Giappone, erede di una antichissima tradizione famigliare, è Ichimura Mnajiro, nato nel 1949. Per preparare il look di un Onnagata si richiede un make-up lento e accurato che è considerato parte integrante della preparazione psicologica necessaria all'attore per entrare nella parte, è un vero e proprio rito. Queste figure tutto sommato furono una sorta di transgender ante litteram, carichi però di tutta la magia della tradizione orientale.
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